"Terra Nostra - famiglie criminali in riva allo stretto" Noir d'esordio di Amato Salvatore Campolo. Susil Edizioni (prima edizione 2021)
Il libro racconta - il potere delle famiglie criminali calabresi, la loro affermazione economica e finanziaria, la loro potenza militare e l'infiltrazione nelle istituzioni. Ma nello stesso tempo cerca di fornire un ritratto di quella società che alla fine del primo decennio del XXI secolo è stata protagonista di numerosi omicidi e atti intimidatori.
SINOSSI
2008, litorale jonico calabrese – Dopo le sanguinose guerre di ‘ndrangheta negli anni ’80, emerge un nuovo “capo locale”. È Giovanni Romeo, gestore di un distributore sulla statale, che si avvicina al clan Macrì e estende negli anni successivi il suo controllo sulla zona, sia con la piccola criminalità che con il controllo sulle attività imprenditoriali, e i suoi “uomini” non lasciano quindi indisturbato un solo cantiere, senza esitare a ricorrere a intimidazioni e perfino a sporcarsi le mani di sangue.
Non a tutti, però, questa situazione va a genio: non a Jessica Castaldo, maresciallo fresca di nomina ma determinata, che si metterà sulle tracce degli uomini di Romeo e dei Macrì per risalire ai vertici della cosca e indagherà sulla morte di suo padre pochi anni prima. E nemmeno a Domenico Tripodi, nipote del vecchio boss Giuseppe Ferraro, uno scaltro ragazzo che preferisce “muoversi nell’ombra”.
“Terra Nostra” è una crime story all’italiana, accattivante ma realistica, che racconta le “imprese” ma anche la vita quotidiana delle famiglie criminali che controllano quel fazzoletto di terra calabra in riva allo Stretto.
PREFAZIONE
A cura di Marco Frullanti
Ho sempre apprezzato le storie di provincia ambientate in angoli magari remoti e poco noti della nostra penisola, quando riescono a far “viaggiare” il lettore nei luoghi raccontati; a dargli un assaggio della “vita vera” di quei posti; a raccontare senza filtri, più che monumenti e panorami, personaggi, usanze e abitudini, magari a volte in modo schietto e brutale, ma autentico. Ho poi un debole per i romanzi di genere, quando una scelta “marcata” di stili e contenuti non avviene per moda o per cliché, ma per rendere più coinvolgente e appassionante la storia che si ha premura di raccontare, per dare migliore veste narrativa a un messaggio di fondo ben preciso. Ecco, “Terra Nostra” di Amato Salvatore Campolo unisce con successo queste due prospettive, apparentemente poco conciliabili, quella del thriller più concitato (con evidenti sfumature noir) e al contempo di una concretezza descrittiva che ricorda quasi il Verismo. quindi un’immagine ben specifica del fazzoletto di terra calabra che si affaccia sul mar Jonio in riva allo stretto, quella della vita di intere famiglie criminali: una vita di omertà, di violenza; ma anche di forti legami famigliari, dove le tradizioni non solo sopravvivono, ma diventano un punto di riferimento su cui orientare la propria esistenza. E questa vita è raccontata come una crime story: dialoghi veloci e secchi, personaggi che si intrecciano tra loro, crimini che si susseguono, vittorie e sconfitte, ascese e declini repentine. Una “velocità” che permette all’autore di raccontare quattro anni di vicende che si snodano intorno al distributore di benzina di “Capu Locu” senza risultare prolisso o poco credibile. In questo viaggio nei paesi immaginari di Casalotto, Bovese e Trimpoli della costa jonica calabrese, conosceremo boss di vecchio stampo, criminali di “nuova generazione”, imprenditori corrotti, disoccupati disperati, cinici doppiogiochisti, picciotti e killer senza scrupoli. La dimensione “famigliare” è la chiave di tutto: sono descritti non solo i criminali, ma anche i loro fratelli, cognati, cugini, e soprattutto le loro donne; mogli, fidanzate, madri e figlie in “Terra Nostra” non sono solo figure di contorno, ma giocano un ruolo fondamentale, e senza di loro non è veramente possibile comprendere le motivazioni dietro i comportamenti criminali, le dinamiche che contraddistinguono due dei tre veri protagonisti del romanzo: le “cosche” Macrì e Ferraro, in un certo senso delle famiglie allargate dove i legami, di sangue o non, hanno un valore fortissimo. In “Terra nostra” si picchia, si spara e si uccide per soldi, certo, ma anche per mantenere l’onore di un “nome” che è stato offeso o anche solo nominato a sproposito: il nome della cosca di appartenenza o dei propri odiati rivali. L’autore non racconta quindi solo storie di crimini, né solo storie di famiglie, ma una vera e propria guerra, che include strategie a breve e a lungo termine, soldati e generali, e come le guerre “tradizionali” stravolge la vita di chi vi partecipa o si trova coinvolto in essa contro la sua volontà. Il terzo protagonista è la legge, rappresentata da Jessica Castaldo, un giovane Maresciallo che si trova nel difficile ruolo di dover reprimere il crimine laddove questo sembra endemico, intrecciato allo stesso tessuto economico e quindi alle vite di persone “normali”: una lotta impari, forse, e con un pesante prezzo da pagare nella vita privata del Maresciallo, ma non senza risultati, che si concretizzano in arresti che concludono lunghe serie di indagini. “Terra Nostra” si conclude in bilico tra il prospetto di veri cambiamenti che avverranno a Bovese e Casalotto, e un’ombra che incombe, a suggerire che, in quei luoghi, la ‘ndragheta ha un radicamento tanto forte da rendersi impermeabile alle circostanze e agli eventi, e da assumere nuove forme. Al lettore, al termine di una lettura mozzafiato, è lasciata la libertà di “scegliere” quale delle due visioni abbracciare.